venerdì, maggio 12, 2006
riflessioni sul viaggiare N°1 (e ci mancavo solo io)
Dopo anni di viaggi in Africa, sono giunto alla conclusione, personalissima, che i panni del turista, per quanto alternativo e responsabile, non sono i più adatti per varcare porte oltre le quali non ci sono solo paesaggi meravigliosi ma esseri umani, con i quali, per tanti e noti motivi, è spesso impossibile interagire in maniera corretta. Sarebbe già qualcosa se il concetto di “viaggiare” non venisse strumentalizzato e vilipeso da quanti non vogliono ammettere che “anche le loro scarpe lasciano impronte”.
E dove comincia l' Africa? Ma dalla Tunisia naturalmente. L’ inizio di un viaggio, di un continente, dei dubbi, e qualche volta dell’ autoironia!
Douz per certi versi è un luogo emblematico. Per tutta una serie di ragioni, alcune discutibili, viene identificata con il deserto più a buon mercato. Per alcuni di noi la cosa finisce lì, sulle prime dune, per altri è solo l’ inizio...
Chi ha avuto modo di leggere la guida sulla Tunisia edita dalla Lonely planet avrà notato che pur essendo ricca di informazioni attendibilissime, è in sostanza un invito a non visitate la Tunisia. Frasi come: “Persa in mezzo al nulla, l’ insignificante città di Sbeitla...” sono semplicemente demoralizzanti. Di contro alcune pubblicazioni tendono ad enfatizzare e mitizzare, travisando la realtà.
Quello che segue non è un racconto, ma una sorta di fotografia di certi nostri modi di fare. é stato scritto qualche anno fa, ma sembra ancora attuale.
Arrivammo a Douz un giorno di febbraio.
Un manipolo di turisti logisticamente ben organizzato: alberghi prenotati, land rover nuove fiammanti e guida plurilingue. Una decina di vacanzieri piu' che predisposti e organizzati a livello mentale. Ad una inconsistente ma omogenea conoscenza della realta' tunisina si amalgamavano dieci concetti personalissimi dell' esotismo. Dieci esotismi quindi che a sommarli non avresti palpato un granello di sabbia vera. Dieci foto dello stesso cammello ed ognuno si e' portato a casa un cammello diverso. Dieci cloni su carta Kodak e diapositive piu' falsi dei cammelli di pezza e dei tappeti artigianali fatti apposta per noi, i turisti. Ma ci siamo portati a casa anche quelli. Comunque, le cose che riescono meglio sono sempre le piu' snelle, pochi concetti ma ben confusi sanci' qualcuno che del mondo aveva una discreta pratica.
Arrivammo a Douz un giorno di febbraio, era giovedi'. Potrei ricordare anche l'ora e il giorno preciso, e sarebbe ancora un giorno qualunque, se non fosse che il giovedi c'e' mercato a Douz. Eravamo venuti a caccia di esotismo e l'agenzia di viaggi aveva fatto in modo che arrivassimo nel giorno migliore. In seguito ci ho ripensato, ma allora non ho potuto sfruttare la consapevolezza che il giovedi era il giorno piu' esotico, gironzolavo tra i banchi del mercato e basta. In apnea mentale tra odori e colori che stuzzicavano la mie emozioni e facevano un gran chiasso in quell'angolo del mio cuore dove in seguito tutto si sarebbe sedimentato in malinconici ricordi. Il mercato, quante immagini dense e saporite che facevo fatica a cacciare intere nell' obiettivo! Spezie, cestoni immensi traboccanti di polverine colorate e ammiccanti. Spezie...erano quelle le spezie che avevano fatto il giro della memoria collettiva spargendo un aroma che finalmente ci aveva portato a Douz. Io come tutti cacciavo le mani nei cesti, palpavo le polveri e portavo le dita sotto il naso per fissare l'odore nei miei ricordi. Si celebrava un rito, ma cosa ne sapevo allora. Cesti come acquasantiere. Aspersioni di spezie in quella chiesa che era il mercato. Ma noi pellegrini trascurammo i celebranti, allora furono solo mani protese per la questua, mani scure che ricevevano il compenso per le relique che trasportammo con noi senza sapere che tra le mura domestiche si sarebbero trasmutate in blasfemi feticci. Li trascurammo i venditori celebranti, impegnati come eravamo a proteggere noi stessi dall' atavica paura del diverso. Va bene le spezie, le ceramiche, le pipe ad acqua, i tappeti e le palme, ma gli esseri umani no! Una cosa alla volta per favore...prima gli oggetti inanimati, fanno meno male. Non ti mostrano quello che non vuoi vedere. Certo, non fu una cosa ben fatta, ma almeno, in questo quadretto mistico si e' inserito anche il pentimento, e non ci sta affatto male. Solo pochi grammi di pentimento ma dall' odore cosi' intenso che mi avrebbe riportato a Douz con uno spirito diverso. Tanto per essere chiari: non tornai di certo a Douz in pelligrinaggio, preda di chissa' quali rimorsi o pentimenti. Ci tornai per verificare se tutte le cose, e a questo punto le persone, erano ancora al loro posto. Forse con un po' di presunzione ci tornai sperando che aleggiasse ancora nell' aria l' odore delle spezie, che il deserto e le palme fossero ancora piu' esotiche di come le avevo trovate allora. Piu' bello che sui libri e le foto. Ci tornai per mettere in valigia le stupende anfore in terracotta di cui il mercato di Douz era stracolmo.
Insomma, bisogna riconoscere che Arrivammo a Douz in un giorno particolare, di giovedi', il giorno di mercato. A prendersi la briga di leggerle, su tutte le guide turistiche c'e' scritto che a Douz il giovedi si tiene il mercato settimanale. "E' uno dei piu' importanti della Tunisia. Uno di quei rari luoghi in cui e' ancora possibile vedere i nomadi esporre i loro animali al mercato".
La nostra guida plurilingue era veramente preparata: ci condusse attraverso un dedalo di banchi di vestiti, e gia' li mi sentivo come le setole del pennello sulla tavolozza dei colori, fino all' arca di noe'. Ci fermammo stupefatti sul primo gradino di una scalinata che scendeva in un avvallamento del terreno dove da tempo immemorabile ( fa piu' effetto) si svolgeva il mercato del bestiame. Avevamo raggiunto una posizione strategica, con un solo colpo d'occhio e di obiettivo abbracciavamo il mercato di animali piu' importate della Tunisia. Cammelli, asini, capre e pecore. Un serraglio affascinante. C'erano anche i nomadi, non ce lo dimentichiamo, erano li! Davanti o allineati ai loro animali. Ci sarebbe stato da chiedersi se quel pullulare di esseri viventi esisteva anche negli altri giorni. Il lunedi ad esempio. Come sarebbe stata la piazza del mercato di lunedi? Non ci pensai io, come credo non ci abbia mai pensato nessuno. Fendevamo la folla ebbri di esotismo. Un giro veloce della piazza e risalimmo la scalinata felici di averlo fatto. Ad onor del vero provai una punta di amarezza dovuta al mio abbigliamento che sembrava gridare "non sono uno di voi". Avrei voluto esserci nel modo piu' completo, assaporare fino in fondo il mercato di Douz. Padrone di casa e non ospite. Penso di aver desiderato incosciamente un cammello tutto mio da mostrare con orgoglio e vendere quasi con dispiacere. Sparare un prezzo esagerato e prepararmi ad un drastico ribasso mostrando i denti sani della bestia. Ma purtroppo non ci si improvvisa nomadi e mercanti. Esposi solo i miei Dinari tunisini ai soliti incauti acquisti. Come non comprare una rosa del deserto? E poi la seconda perche' e' piu' bella. La terza perche' costa meno. La quarta per regalarla a qualcuno a cui ancora non avevo pensato. La quinta e le successive le presi cosi', un po' per ingordigia, un po' per assuefazione. Misi nel sacco le pietre del deserto e la superficialita' e mi piazzai davanti alla land Rover pronto a partire. Per dove? Forse qualcuno mi ha visto, chino sul basso ingresso di una abitazione troglodita di Matmata. Ma come essere sicuri che fossi proprio io tra la folla di turisti travolti dall' afrore della parola troglodita? A Matmata ci siamo andati anche noi, ma prima abbiamo assaporato fino in fondo il Clima onirico di Douz. Per me il deserto e' sempre stato il deserto: una immensa, piatta, piattissima distesa di sabbia. Il mare di sabbia, cos'altro poteva essere? Benche' abbia visto film e documentari che mostravano picchi e avvallamenti, nonostante mi sia consumato gli occhi su foto d' autore il cui soggetto era sempre il deserto ad onta degli arbusti, delle pietre e della varieta' del paesaggio, nessun elemento geografico o paesaggistico aveva mai mutato il mio concetto di mare di sabbia. Neanche alle onde avevo pensato, era piatto e basta. E' difficile modificare le opere compiute della nostra immaginazione per poterne sovrapporre i tratti con la realta'. Sarebbe come ammettere che un quadro incorniciato e' da rifare; fai prima a farne un altro. Eppure quando misi i piedi sul bordo del mare di sabbia di Douz scoprii che non era piatto, e non era neppure il soprammobile diafano che avevo immaginato. Quante emozioni indescrivibili in pochi attimi! Una duna immensa oltre la quale si nascondevano infiniti granelli di sabbia disposti in dune piccole e grandi, monticelli, contorni di impronte animali. Granelli in ordine sparso sulle foglie secche dei radi arbusti. Avvallamenti e crateri svuotati dal vento e davanti a tutto questo la grande duna di Douz. I maligni insinuano che non e' stato il vento a formare questa collina di sabbia ma i proprietari degli alberghi per la gioia dei turisti. E' una triste eventualita', ma la duna e' stupenda e l' esercito di dromedari ai suoi piedi e' pronto a dispensare emozionanti traversate nel mare di sabbia. Si! Mare di sabbia! Che conservi almeno il nome. E' impressionante questo mare visto da dietro la duna. La sua mole nasconde gli alberghi e la citta' intera sicche' resta solo la sabbia e il tramonto. Ed e' l' apice dell' esotismo. Non puoi non innamorarti, e' un colpo di fulmine. E' vero che poi passa, ma sotto c'e' la sostanza, i colori sono veri e la sabbia pure e il rapporto si consolida. Ho provato in seguito a condensare in immagini compiute quelle sensazioni, ma ho scoperto che la realta' aveva creato una nuova visione. Questo e' un altro motivo per cui tornai a Douz in un giorno di mercato: volevo scoprire se il deserto che avevo visto e toccato esisteva realmente. Volevo verificare se il mio amore, le mie fantasie avevano influito sul suo umore. Fu cosi' che dopo tre anni dal primo viaggio capitammo a Douz in un giorno di mercato. Noleggiammo un' auto a Tunisi e partimmo in un giorno qualunque, ma alle porte del deserto era ancora giovedi'. Se qualcuno mi raccontera' che e' stato a Douz in un giorno di mercato, cominciero' a pensare che da quelle parti e' sempre mercato oppure e' solo giovedi'.
L' unica differenza, se proprio bisogna rimarcarla e' che non era Febbraio ma il mese di Agosto.
C'erano sempre i gruppi organizzati con i loro fuori-strada, segno che nulla era forse cambiato. Parcheggiammo fiduciosi in una comoda stradina non riuscendo a spiegarci come mai i turisti lasciavano le vetture cosi' lontano, e ci inoltrammo speranzosi nella piazza del mercato. Con quanta delusione scoprii che tutto era stato venduto: anfore, tappeti, spezie ed esotismo. Tutto venduto. Restavano sui banchi solo articoli comuni come scarpe di gomma, utensili col manico di plastica, recipienti d' alluminio, lucchetti, torcie elettriche, ricambi per cucine a gas, frutta e verdure che poco avevano di esotico se non di commestibile. Ma questa e' una questione di gusti. E il mercato tanto affascinante che ricordavo? gli odori intensi, i mistici officianti, l' atmosfera, che fine avava fatto l' atmosfera di tre anni prima? Venduta anch' essa insieme alle anfore di terracotta. Tre, ne restavano soltanto tre e le comprammo. Non perche' erano belle, ma per quello che significavano. Noi, gli ultimi depositari dell' artigianato tunisino. Solo in seguito mi e' venuta l'idea di rilevare con un satellite la distribuzione sulla superficie terrestre di tutte le anfore tunisine. Purtroppo non ho mai avuto il tempo di proporre al National Geographic Institute questa interessante indagine geografica.
Ci dirigemmo speranzosi verso il mercato degli animali; i banchi con gli abiti c'erano ancora, ma i colori erano sbiaditi. Ad onor del vero c'erano anche gli animali, ma anche qui altra delusione. E la colpa fu proprio di asini e cammelli. Scoprimmo che l' essenza del mercato non erano le nostre emozioni ma quelle delle bestie. Ci tornarono alla mente le teste di animale appese sull' uscio delle macellerie secondo l' usanza araba. Una in particolar modo: testa di cammello. Quel giorno, secondo il rito islamico, la carne macellata apparteneva a quella testa, la piu' orripilante che avessi mai visto. Non che gli occhi vitrei di una mucca siano da preferire, ma quel cammello mi e' rimasto impresso.
C'erano infine conigli e polli intrappolati in ceste impagliate e gabbie di cartone, pecore e capre. Furono i loro occhi spaventati, la consapevolezza del laccio alle zampe, la certezza del giogo, l' attesa inutile di un filo di erba verde, la mancanza dell' ombra sotto il sole di Agosto, fu il senso di quotidiano nei gesti della gente a dare definitivamente un' impronta a quel giovedi' di mercato.
Con le nostre tre anfore piene di delusione e forse con un pizzico di esperienza in piu' ci dirigemmo alla macchina. Scoprimmo allora che l'esperienza non si conquista in un paio di giovedi: eravano rimasti intrappolati nel mercato. Tutte le vie di accesso, e quindi di fuga erano state transennate dalla polizia. Facemmo avanti e indietro tra la folla del mercato di Douz scortati da una torma di ragazzini ansiosi di trarci d'impaccio in cambio di una lauta mancia. Scansammo carretti e attraversammo vicoli costruiti a misura delle fiancate dell' auto. Salutammo donne perplesse sulla soglia di casa. Superammo botteghe di fabbri e falegnami. Facemmo insomma appena in tempo ad osservare la vera Douz che si celava alle spalle del mercato che ne fummo fuori. Fosse successo al mercato sotto casa sarebbe stato altrettanto interessante?
Felici per averlo fatto ma purtroppo delusi per esserci stati ci dirigemmo a sud. Passammo davanti alla grande duna con la speranza che almeno lei avesse conservato il suo fascino. Altra delusione: tutto intorno sono sorti una selva di alberghi, eccole le famose cattedrali nel deserto! Ma del panorama non resta molto. Forse non e' vero che i proprietari degli hotel hanno dato una mano al deserto nell' innalzare la grande duna, ma e' pur vero che il deserto ha permesso loro di costruire gli alberghi. Dal canto mio affermo che la grande duna di Douz e' come un' opera incerta nella teca polverosa di un museo mal tenuto. Vorrei solo sapere chi e perche' ha rubato la targhetta con le spiegazioni.
Insomma, e' facice arrivare a Douz nel giorno del mercato, anche in piena estate, meno facile rassegnarsi all' idea che nei luoghi a cui ci legano i sogni non bisognerebbe mai tornare. Mi chiedo ancora se quella misera differenza di una ventina di gradi centigradi abbia influito sulle sorti di quel giorno di mercato di un giovedi' di Agosto.
E dove comincia l' Africa? Ma dalla Tunisia naturalmente. L’ inizio di un viaggio, di un continente, dei dubbi, e qualche volta dell’ autoironia!
Douz per certi versi è un luogo emblematico. Per tutta una serie di ragioni, alcune discutibili, viene identificata con il deserto più a buon mercato. Per alcuni di noi la cosa finisce lì, sulle prime dune, per altri è solo l’ inizio...
Chi ha avuto modo di leggere la guida sulla Tunisia edita dalla Lonely planet avrà notato che pur essendo ricca di informazioni attendibilissime, è in sostanza un invito a non visitate la Tunisia. Frasi come: “Persa in mezzo al nulla, l’ insignificante città di Sbeitla...” sono semplicemente demoralizzanti. Di contro alcune pubblicazioni tendono ad enfatizzare e mitizzare, travisando la realtà.
Quello che segue non è un racconto, ma una sorta di fotografia di certi nostri modi di fare. é stato scritto qualche anno fa, ma sembra ancora attuale.
Arrivammo a Douz un giorno di febbraio.
Un manipolo di turisti logisticamente ben organizzato: alberghi prenotati, land rover nuove fiammanti e guida plurilingue. Una decina di vacanzieri piu' che predisposti e organizzati a livello mentale. Ad una inconsistente ma omogenea conoscenza della realta' tunisina si amalgamavano dieci concetti personalissimi dell' esotismo. Dieci esotismi quindi che a sommarli non avresti palpato un granello di sabbia vera. Dieci foto dello stesso cammello ed ognuno si e' portato a casa un cammello diverso. Dieci cloni su carta Kodak e diapositive piu' falsi dei cammelli di pezza e dei tappeti artigianali fatti apposta per noi, i turisti. Ma ci siamo portati a casa anche quelli. Comunque, le cose che riescono meglio sono sempre le piu' snelle, pochi concetti ma ben confusi sanci' qualcuno che del mondo aveva una discreta pratica.
Arrivammo a Douz un giorno di febbraio, era giovedi'. Potrei ricordare anche l'ora e il giorno preciso, e sarebbe ancora un giorno qualunque, se non fosse che il giovedi c'e' mercato a Douz. Eravamo venuti a caccia di esotismo e l'agenzia di viaggi aveva fatto in modo che arrivassimo nel giorno migliore. In seguito ci ho ripensato, ma allora non ho potuto sfruttare la consapevolezza che il giovedi era il giorno piu' esotico, gironzolavo tra i banchi del mercato e basta. In apnea mentale tra odori e colori che stuzzicavano la mie emozioni e facevano un gran chiasso in quell'angolo del mio cuore dove in seguito tutto si sarebbe sedimentato in malinconici ricordi. Il mercato, quante immagini dense e saporite che facevo fatica a cacciare intere nell' obiettivo! Spezie, cestoni immensi traboccanti di polverine colorate e ammiccanti. Spezie...erano quelle le spezie che avevano fatto il giro della memoria collettiva spargendo un aroma che finalmente ci aveva portato a Douz. Io come tutti cacciavo le mani nei cesti, palpavo le polveri e portavo le dita sotto il naso per fissare l'odore nei miei ricordi. Si celebrava un rito, ma cosa ne sapevo allora. Cesti come acquasantiere. Aspersioni di spezie in quella chiesa che era il mercato. Ma noi pellegrini trascurammo i celebranti, allora furono solo mani protese per la questua, mani scure che ricevevano il compenso per le relique che trasportammo con noi senza sapere che tra le mura domestiche si sarebbero trasmutate in blasfemi feticci. Li trascurammo i venditori celebranti, impegnati come eravamo a proteggere noi stessi dall' atavica paura del diverso. Va bene le spezie, le ceramiche, le pipe ad acqua, i tappeti e le palme, ma gli esseri umani no! Una cosa alla volta per favore...prima gli oggetti inanimati, fanno meno male. Non ti mostrano quello che non vuoi vedere. Certo, non fu una cosa ben fatta, ma almeno, in questo quadretto mistico si e' inserito anche il pentimento, e non ci sta affatto male. Solo pochi grammi di pentimento ma dall' odore cosi' intenso che mi avrebbe riportato a Douz con uno spirito diverso. Tanto per essere chiari: non tornai di certo a Douz in pelligrinaggio, preda di chissa' quali rimorsi o pentimenti. Ci tornai per verificare se tutte le cose, e a questo punto le persone, erano ancora al loro posto. Forse con un po' di presunzione ci tornai sperando che aleggiasse ancora nell' aria l' odore delle spezie, che il deserto e le palme fossero ancora piu' esotiche di come le avevo trovate allora. Piu' bello che sui libri e le foto. Ci tornai per mettere in valigia le stupende anfore in terracotta di cui il mercato di Douz era stracolmo.
Insomma, bisogna riconoscere che Arrivammo a Douz in un giorno particolare, di giovedi', il giorno di mercato. A prendersi la briga di leggerle, su tutte le guide turistiche c'e' scritto che a Douz il giovedi si tiene il mercato settimanale. "E' uno dei piu' importanti della Tunisia. Uno di quei rari luoghi in cui e' ancora possibile vedere i nomadi esporre i loro animali al mercato".
La nostra guida plurilingue era veramente preparata: ci condusse attraverso un dedalo di banchi di vestiti, e gia' li mi sentivo come le setole del pennello sulla tavolozza dei colori, fino all' arca di noe'. Ci fermammo stupefatti sul primo gradino di una scalinata che scendeva in un avvallamento del terreno dove da tempo immemorabile ( fa piu' effetto) si svolgeva il mercato del bestiame. Avevamo raggiunto una posizione strategica, con un solo colpo d'occhio e di obiettivo abbracciavamo il mercato di animali piu' importate della Tunisia. Cammelli, asini, capre e pecore. Un serraglio affascinante. C'erano anche i nomadi, non ce lo dimentichiamo, erano li! Davanti o allineati ai loro animali. Ci sarebbe stato da chiedersi se quel pullulare di esseri viventi esisteva anche negli altri giorni. Il lunedi ad esempio. Come sarebbe stata la piazza del mercato di lunedi? Non ci pensai io, come credo non ci abbia mai pensato nessuno. Fendevamo la folla ebbri di esotismo. Un giro veloce della piazza e risalimmo la scalinata felici di averlo fatto. Ad onor del vero provai una punta di amarezza dovuta al mio abbigliamento che sembrava gridare "non sono uno di voi". Avrei voluto esserci nel modo piu' completo, assaporare fino in fondo il mercato di Douz. Padrone di casa e non ospite. Penso di aver desiderato incosciamente un cammello tutto mio da mostrare con orgoglio e vendere quasi con dispiacere. Sparare un prezzo esagerato e prepararmi ad un drastico ribasso mostrando i denti sani della bestia. Ma purtroppo non ci si improvvisa nomadi e mercanti. Esposi solo i miei Dinari tunisini ai soliti incauti acquisti. Come non comprare una rosa del deserto? E poi la seconda perche' e' piu' bella. La terza perche' costa meno. La quarta per regalarla a qualcuno a cui ancora non avevo pensato. La quinta e le successive le presi cosi', un po' per ingordigia, un po' per assuefazione. Misi nel sacco le pietre del deserto e la superficialita' e mi piazzai davanti alla land Rover pronto a partire. Per dove? Forse qualcuno mi ha visto, chino sul basso ingresso di una abitazione troglodita di Matmata. Ma come essere sicuri che fossi proprio io tra la folla di turisti travolti dall' afrore della parola troglodita? A Matmata ci siamo andati anche noi, ma prima abbiamo assaporato fino in fondo il Clima onirico di Douz. Per me il deserto e' sempre stato il deserto: una immensa, piatta, piattissima distesa di sabbia. Il mare di sabbia, cos'altro poteva essere? Benche' abbia visto film e documentari che mostravano picchi e avvallamenti, nonostante mi sia consumato gli occhi su foto d' autore il cui soggetto era sempre il deserto ad onta degli arbusti, delle pietre e della varieta' del paesaggio, nessun elemento geografico o paesaggistico aveva mai mutato il mio concetto di mare di sabbia. Neanche alle onde avevo pensato, era piatto e basta. E' difficile modificare le opere compiute della nostra immaginazione per poterne sovrapporre i tratti con la realta'. Sarebbe come ammettere che un quadro incorniciato e' da rifare; fai prima a farne un altro. Eppure quando misi i piedi sul bordo del mare di sabbia di Douz scoprii che non era piatto, e non era neppure il soprammobile diafano che avevo immaginato. Quante emozioni indescrivibili in pochi attimi! Una duna immensa oltre la quale si nascondevano infiniti granelli di sabbia disposti in dune piccole e grandi, monticelli, contorni di impronte animali. Granelli in ordine sparso sulle foglie secche dei radi arbusti. Avvallamenti e crateri svuotati dal vento e davanti a tutto questo la grande duna di Douz. I maligni insinuano che non e' stato il vento a formare questa collina di sabbia ma i proprietari degli alberghi per la gioia dei turisti. E' una triste eventualita', ma la duna e' stupenda e l' esercito di dromedari ai suoi piedi e' pronto a dispensare emozionanti traversate nel mare di sabbia. Si! Mare di sabbia! Che conservi almeno il nome. E' impressionante questo mare visto da dietro la duna. La sua mole nasconde gli alberghi e la citta' intera sicche' resta solo la sabbia e il tramonto. Ed e' l' apice dell' esotismo. Non puoi non innamorarti, e' un colpo di fulmine. E' vero che poi passa, ma sotto c'e' la sostanza, i colori sono veri e la sabbia pure e il rapporto si consolida. Ho provato in seguito a condensare in immagini compiute quelle sensazioni, ma ho scoperto che la realta' aveva creato una nuova visione. Questo e' un altro motivo per cui tornai a Douz in un giorno di mercato: volevo scoprire se il deserto che avevo visto e toccato esisteva realmente. Volevo verificare se il mio amore, le mie fantasie avevano influito sul suo umore. Fu cosi' che dopo tre anni dal primo viaggio capitammo a Douz in un giorno di mercato. Noleggiammo un' auto a Tunisi e partimmo in un giorno qualunque, ma alle porte del deserto era ancora giovedi'. Se qualcuno mi raccontera' che e' stato a Douz in un giorno di mercato, cominciero' a pensare che da quelle parti e' sempre mercato oppure e' solo giovedi'.
L' unica differenza, se proprio bisogna rimarcarla e' che non era Febbraio ma il mese di Agosto.
C'erano sempre i gruppi organizzati con i loro fuori-strada, segno che nulla era forse cambiato. Parcheggiammo fiduciosi in una comoda stradina non riuscendo a spiegarci come mai i turisti lasciavano le vetture cosi' lontano, e ci inoltrammo speranzosi nella piazza del mercato. Con quanta delusione scoprii che tutto era stato venduto: anfore, tappeti, spezie ed esotismo. Tutto venduto. Restavano sui banchi solo articoli comuni come scarpe di gomma, utensili col manico di plastica, recipienti d' alluminio, lucchetti, torcie elettriche, ricambi per cucine a gas, frutta e verdure che poco avevano di esotico se non di commestibile. Ma questa e' una questione di gusti. E il mercato tanto affascinante che ricordavo? gli odori intensi, i mistici officianti, l' atmosfera, che fine avava fatto l' atmosfera di tre anni prima? Venduta anch' essa insieme alle anfore di terracotta. Tre, ne restavano soltanto tre e le comprammo. Non perche' erano belle, ma per quello che significavano. Noi, gli ultimi depositari dell' artigianato tunisino. Solo in seguito mi e' venuta l'idea di rilevare con un satellite la distribuzione sulla superficie terrestre di tutte le anfore tunisine. Purtroppo non ho mai avuto il tempo di proporre al National Geographic Institute questa interessante indagine geografica.
Ci dirigemmo speranzosi verso il mercato degli animali; i banchi con gli abiti c'erano ancora, ma i colori erano sbiaditi. Ad onor del vero c'erano anche gli animali, ma anche qui altra delusione. E la colpa fu proprio di asini e cammelli. Scoprimmo che l' essenza del mercato non erano le nostre emozioni ma quelle delle bestie. Ci tornarono alla mente le teste di animale appese sull' uscio delle macellerie secondo l' usanza araba. Una in particolar modo: testa di cammello. Quel giorno, secondo il rito islamico, la carne macellata apparteneva a quella testa, la piu' orripilante che avessi mai visto. Non che gli occhi vitrei di una mucca siano da preferire, ma quel cammello mi e' rimasto impresso.
C'erano infine conigli e polli intrappolati in ceste impagliate e gabbie di cartone, pecore e capre. Furono i loro occhi spaventati, la consapevolezza del laccio alle zampe, la certezza del giogo, l' attesa inutile di un filo di erba verde, la mancanza dell' ombra sotto il sole di Agosto, fu il senso di quotidiano nei gesti della gente a dare definitivamente un' impronta a quel giovedi' di mercato.
Con le nostre tre anfore piene di delusione e forse con un pizzico di esperienza in piu' ci dirigemmo alla macchina. Scoprimmo allora che l'esperienza non si conquista in un paio di giovedi: eravano rimasti intrappolati nel mercato. Tutte le vie di accesso, e quindi di fuga erano state transennate dalla polizia. Facemmo avanti e indietro tra la folla del mercato di Douz scortati da una torma di ragazzini ansiosi di trarci d'impaccio in cambio di una lauta mancia. Scansammo carretti e attraversammo vicoli costruiti a misura delle fiancate dell' auto. Salutammo donne perplesse sulla soglia di casa. Superammo botteghe di fabbri e falegnami. Facemmo insomma appena in tempo ad osservare la vera Douz che si celava alle spalle del mercato che ne fummo fuori. Fosse successo al mercato sotto casa sarebbe stato altrettanto interessante?
Felici per averlo fatto ma purtroppo delusi per esserci stati ci dirigemmo a sud. Passammo davanti alla grande duna con la speranza che almeno lei avesse conservato il suo fascino. Altra delusione: tutto intorno sono sorti una selva di alberghi, eccole le famose cattedrali nel deserto! Ma del panorama non resta molto. Forse non e' vero che i proprietari degli hotel hanno dato una mano al deserto nell' innalzare la grande duna, ma e' pur vero che il deserto ha permesso loro di costruire gli alberghi. Dal canto mio affermo che la grande duna di Douz e' come un' opera incerta nella teca polverosa di un museo mal tenuto. Vorrei solo sapere chi e perche' ha rubato la targhetta con le spiegazioni.
Insomma, e' facice arrivare a Douz nel giorno del mercato, anche in piena estate, meno facile rassegnarsi all' idea che nei luoghi a cui ci legano i sogni non bisognerebbe mai tornare. Mi chiedo ancora se quella misera differenza di una ventina di gradi centigradi abbia influito sulle sorti di quel giorno di mercato di un giovedi' di Agosto.
Comments:
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oh fly!!
credi che abbiamo meritato di trascorrere tutto questo tempo per leggere la siffatta, invece di impiegarlo in altro modo!!!
(e ci mancavi solo tu...
credi che abbiamo meritato di trascorrere tutto questo tempo per leggere la siffatta, invece di impiegarlo in altro modo!!!
(e ci mancavi solo tu...
"E' una grossa scempiaggine costruita riga dopo riga dalle varie Karen Blixen e Ernest Emingway"...
ehm.. forse non è proprio colpa loro quanto dei blixiani e hemingwayani..??
ehm.. forse non è proprio colpa loro quanto dei blixiani e hemingwayani..??
mi fa piacere che a distanza di tanto tempo dalla pubblicazione di questo post ci sia ancora qualcuno interessato. Buona lettura
Enrico
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Enrico
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