martedì, maggio 30, 2006

 

Tabagne 2006 Cote d'Ivoire

Sono stato a Tabagne per la prima volta nel 1999, era la mia prima esperienza in Africa come volontario. Ci son tornato dopo sei anni, un periodo d’assenza molto lungo durante il quale ho fatto una serie d’esperienze in Congo. Una parte del mio cuore però è rimasta sempre a Tabagne.
E’ stata sufficiente la prima passeggiata per il villaggio, i primi incontri, per comprendere che il mio legame con questo posto non è frutto delle sole emozioni straripanti della prima volta dove tutto era esasperato dall’inesperienza, non è più “gonfiato” da quell’ esotismo che anche a rinnegarlo ci condiziona sempre. Capisco che nel frattempo molte cose sono maturate. Rivedo una Tabagne impregnata di quotidianità, ed io sono una persona tra le tante che cerca solo di farne parte. E’ stata una visita breve, due settimane soltanto, motivate da urgenze “tecniche”alla missione delle suore. Confesso che non sono partito a cuor leggero, perché è difficile dare un senso ad un viaggio così breve, e almeno secondo me, non è affatto scontato che il viaggio sia un “investimento” per l’Africa, quindi bisogna impegnarsi a fondo per evitare di riportarsi a casa più di quanto si lasci. Mi piace vedere le cose da questo punto di vista!
Una buona parte di questi quindici giorni li ho trascorsi insieme ad un ragazzo che mi aiutava sul lavoro, soprattutto idraulica ed elettricità. Lui aveva tanta voglia d’imparare, ed io un estremo bisogno che il nostro rapporto fosse il più sereno ed equilibrato possibile; basato sulla collaborazione e non come spesso succede sull’imposizione di conoscenze non condivise e quindi sterili. Due “colleghi”, insomma, che i casi della vita hanno portato a lavorare insieme, per poco tempo, è vero, ma forse proprio per questo ancora più prezioso. L’aver incontrato questo ragazzo è stata per me una grande opportunità, da lui ho ricevuto molto, è vero, ma ho anche avuto la possibilità di mettere a sua disposizione quel minimo di tecniche e di trucchi del mestiere che gli serviranno nel suo lavoro. Spesso ripetevo, cercando di non darlo troppo a vedere, lavori già fatti proprio per fare pratica e dopo l’orario di lavoro… un po’ di teoria. Sono “quasi” certo che tutto quello che abbiamo fatto insieme, lui saprà farlo da solo. Ho allestito per lui una cassetta degli attrezzi e comprato un manuale d’idraulica. Altri ne manderò e grazie ad internet gli ho già inviato uno schema elettrico e le spiegazioni relative; vorrei proprio continuare a seguirlo. Ora credo dipenda da lui dimostrare che a Tabagne per certi “lavoretti” non c’è più bisogno che qualcuno parta appositamente dall’Italia. Sarebbe la soddisfazione più grande, e in sostanza la mia unica preghiera. Sembra strano, ma a me mancheranno i momenti passati insieme la sera, le passeggiate e le chiacchiere sul più e sul meno più che le speculazioni sulla “differenza di potenziale”. Spero che per lui sia la stessa cosa.
Nel tempo libero,poco in verità, ho fatto proprio quello che in Italia non facciamo quasi più, o a fatica: ho parlato con la gente! Con il guardiano notturno del CAM, con la signora che vende i Bègnè per strada, con gente incontrata per caso, con l’autista, con i militari al posto di blocco di Bondoukou e tanti altri. “sono gentili perché sei bianco” dice qualcuno forse più disincantato di me. “Anche l’Italia è piena di bianchi, ma non mi sembrano tutti così attenti ai rapporti umani” sono solito rispondere. In questo periodo, oltre tutto, gli Ivoriani non mi sembrano molto ben disposti verso i francesi ed è molto facile fare di tutto il bianco un fascio.
Per l’ennesima volta ho capito che il mio “prossimo” è in Africa, se sia un atto di amore o di riconoscenza non so dirlo, so solo che ne ho bisogno.
A volte però, ho capito che la gente era meravigliata che io dessi loro confidenza, in alcuni casi mi è stato detto apertamente. Lo stupore è tutto mio e non capisco dove sta l’equivoco, come ci si deve rapportare con il prossimo se non dando confiance?
Ho apprezzato per l’ennesima volta cosa significa guardare negli occhi il prossimo dando importanza ai gesti apparentemente meno significativi. Ho assaporato i silenzi, i saluti, gli incontri imprevisti. Mi resterà solo un rammarico: il colore della mia pelle, l’impossibilità di vivere almeno un giorno senza le sovrastrutture che il “bianco” impone.

Dopo anni d’instabilità politica, mi aspettavo una Costa d’Avorio in condizioni ben peggiori. Almeno i luoghi che conosco, invece, mi sembrano migliorati rispetto a sei anni fa. Dopo le prime impressioni positive, è stato doveroso chiedermi se i miei giudizi fossero condizionati dall’esperienza in Congo dove la barbarie dell’uomo, più che l’imponderabilità della natura, ha privato intere comunità delle cose essenziali. Ma è innegabile: sei anni fa non c’era questo fervore edile che si vede ovunque, le strade e le piste sono in buono stato, I negozi di Abidjan sono pieni di ogni ben di Dio, e i campi sono tutti coltivati. Bondoukou mi sembra una cittadina “sonnacchiosa” e quasi ordinata…e mi viene voglia di essere ottimista. Certo, è molto forte il contrasto tra una capitale che, almeno sotto certi aspetti, non ha nulla da invidiare a tante città europee e i villaggi più isolati come Tabagne. Sembrano due realtà lontane anni luce, e invece sono a meno di mezza giornata d’auto. E capisco ancora una volta il motivo del mio ottimismo: non provo come altrove la sensazione d’impotenza, il disagio di sapere le risorse e i mezzi inaccessibili e l’obbligo di dover contare solo ed esclusivamente sul poco o nulla a disposizione. Sicuramente è aumentato il divario tra ricchi e poveri, ma ci sono ancora i presupposti per migliorare la situazione. Qui la salute e l’istruzione, ad esempio, potrebbero non essere un problema di risorse, ma di organizzazione, di scelte politiche e soprattutto morali. Ad Abidjan avevo bisogno di dizionari da portare a Tabagne e non solo ho trovato i migliori, ma, addirittura in un supermercato, ho acquistato i manuali d’idraulica e falegnameria che cercavo da tempo, li spedirò in Congo alla prima occasione.
Cosa mi resta di quest’esperienza? La certezza che spesso non è d’aiuto che ha bisogno l’Africa, ma di collaborazione e di condivisione vera.

Comments:
letto, copiato, meditato!
sagge reflessioni
ciao
 
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