venerdì, aprile 28, 2006

 

Nyamilima 2003 ( una mia riflessione pubblicata sul periodico "Nyamilima" dei Chierici Regolari Minori)


“Ho un debito con l’Africa: la consapevolezza!” Mi è rimasta impressa questa espressione di rara efficacia ascoltata o letta non ricordo dove. Cosa si intenda per consapevolezza credo sia evidente; il concepirla come un debito è per me una predisposizione d’animo ancor prima di un approccio culturale. Sicuramente l’ umiltà e l’ apertura mentale sono una chiave per interagire con il prossimo ovunque esso sia, a maggior ragione io credo ce ne sia bisogno in Africa.
Questa era la mia seconda volta a Nyamilima; ci sono tornato quindi non per una esperienza personale ma per dare il mio contributo di edile ai lavori del centro nutrizionale. Apparentemente, questa è una motivazione esclusivamente pratica, dettata però dalla necessità di testimoniare fattivamente anche sul campo quell’ impegno che nella vita quotidiana tende a sbiadire. Ero partito quasi con la speranza di vedere i bambini entrare nella struttura, non aspettandomi altro che mettere mattoni e cemento e questo mi bastava. Le circostanze invece, hanno fatto si che anche questa volta quello che l’ Africa mi ha dato sia più importante di ciò che ho lasciato. Ero partito convinto di stare a testa bassa sui mattoni per un mese sperando solo di giungere ad un risultato concreto. Invece ho lavorato insieme a tante persone impegnate nelle attività più diverse. Come sempre nella vita, anche le cose apparentemente avare di sfaccettature e implicazioni come il mettere mattoni o realizzare dei bagni possono essere fatte in diversi modi ed io, per usare un’espressione colorita, anziché fare l’insegnante ho scelto i panni del libro. Mi piace credere che questo, gli operai che lavorano alla missione, l’ abbiano capito e si siano sentiti più a loro agio. Il clima di collaborazione instaurato ha fatto si che i lavori procedessero bene e che a volte ci si divertisse anche. Ho avuto la possibilità di insegnare qualche tecnica di base che forse sarà utile a delle persone costrette a lavorare senza tanti supporti pratici e concettuali. Sarò già contento se alcuni accorgimenti permetteranno di evitare fatiche superflue, migliorando, anche di poco, la qualità del lavoro. E’ pur vero che mi sono reso conto come sia facile per me lavorare in buona salute e a stomaco pieno; purtroppo non sono condizioni queste sempre scontate per gli operai di Nyamilima, ciò nonostante facevano cose per me impensabili in quelle condizioni. E’ solo rispetto il mio, quello dovuto a chi tra tante difficoltà pratiche e problemi culturali dovuti all’ interazione con noi bianchi, cerca di migliorare e di condurre una vita con un futuro degno di essere sperato. E’ un ringraziamento a quanti, avendo accettato qualche insegnamento da muratore, mi hanno ripagato con un arricchimento umano senza prezzo.

domenica, aprile 23, 2006

 

FORESTA DEL CONGO


PROTETTA FORESTA DEL CONGO, LA SECONDA MAGGIORE AL MONDO DOPO L'AMAZZONIA
Roma, 28 ottobre 2005 –
Greenpeace esprime soddisfazione per il decreto emanato dal presidente della Repubblica democratica del Congo, Kabila, questa settimana. È prevista la moratoria del taglio in 40 milioni di ettari di foresta, mentre la legalità delle attuali concessioni verrà verificata da una commissione interministeriale, assistita da esperti indipendenti. Se l'analisi venisse condotta correttamente, secondo Greenpeace, almeno 20 milioni di ettari saranno salvati dal taglio. La foresta pluviale del Congo è la seconda al mondo per dimesnioni dopo l'Amazzonia, ospita la maggiore biodiversità in Africa, incluse specie rare come l'okapi e il pavone del Congo. Anche gorilla, scimpanzè e bonobo trovano rifugio in queste meravigliose foreste, minacciate dal taglio illegale. "Era ora. Proprio qualche giorno fa abbiamo consegnato una "motosega d'oro" alla Federazione italiana degli importatori di legname, dopo aver denunciato con il blocco di una nave a Livorno, come anche le nostre aziende contribuiscano alla devastazione delle foreste del Congo. Per fortuna, mentre noi dormiamo, un governo africano fa il primo passo. Sta ai consumatori ora evitare il legname illegale che porta all'estinzione gorilla e scimpanzè" afferma Sergio Baffoni, responsabile foreste di Greenpeace. Nonostante la moratoria, il legname dal Congo rischia di continuare ad arrivare nei porti italiani attraverso la triangolazione con paesi terzi, come la Cina, che riciclano il legname illegale
Leggi il rapporto
http://www.greenpeace.it/camp/foreste/TIB-it.pdf
Sito campagna foreste: http://www.greenpeace.it/foreste

venerdì, aprile 21, 2006

 

GOMA, la "non città" fatta solo di umanità

Qualcuno dice: "a me Goma non piace". E' tutto relativo,
se cerchiamo monumenti, viali ombrosi, centri commerciali, musei e locali alla moda allora non si capisce come ci siamo finiti a Goma, ma se non cerchiamo nulla, se accettiamo di esserci, se cerchiamo di farne parte allora può rivelarsi una città "stupenda". Ha un solo difetto: se ti prendono a fare foto in centro sono guai grossi con i poliziotti. Non aspettano altro per movimentare la giornata.
Uno sguardo alla città
www.chez-pierre.net/f_za_gom.php



Le rive del lago, ovunque, sono uno spettacolo della natura, può accadere di ritrovarti a provare sensazioni idilliache nel posto più improbabile.

Joseph.
Questo è il mio amico Joseph, è pensione da un pezzo,
ma in un posto dove lo stipendio è una chimera,
figuriamoci la pensione.
Per quadagnare qualcosa fa il guardiano notturno (ZAMU)
in un seminario,
ed è li che l'ho conosciuto circa tre anni fa,
subito dopo il risveglio del vulcano Nyiragongo nel gennaio 2002.
Ci siamo rivisti ancora a novembre,
e se tornerò ancora a Goma
uno dei motivi sarà rivedere lui.

mercoledì, aprile 19, 2006

 

Costa ed'Avorio-Tabagne giorno di mercato


 
Tabagne Marzo 2006

Sono stato a Tabagne per la prima volta nel 1999, era la mia prima esperienza in Africa come volontario. Ci son tornato dopo sei anni, un periodo d’assenza molto lungo durante il quale ho fatto una serie d’esperienze in Congo. Una parte del mio cuore però è rimasta sempre a Tabagne.
E’ stata sufficiente la prima passeggiata per il villaggio, i primi incontri, per comprendere che il mio legame con questo posto non è frutto delle sole emozioni straripanti della prima volta dove tutto era esasperato dall’inesperienza, non è più “gonfiato” da quell’ esotismo che anche a rinnegarlo ci condiziona sempre. Capisco che nel frattempo molte cose sono maturate. Rivedo una Tabagne impregnata di quotidianità, ed io sono una persona tra le tante che cerca solo di farne parte. E’ stata una visita breve, due settimane soltanto, motivate da urgenze “tecniche”alla missione delle suore. Confesso che non sono partito a cuor leggero, perché è difficile dare un senso ad un viaggio così breve, e almeno secondo me, non è affatto scontato che il viaggio sia un “investimento” per l’Africa, quindi bisogna impegnarsi a fondo per evitare di riportarsi a casa più di quanto si lasci. Mi piace vedere le cose da questo punto di vista!
Una buona parte di questi quindici giorni li ho trascorsi insieme ad un ragazzo che mi aiutava sul lavoro, soprattutto idraulica ed elettricità. Lui aveva tanta voglia d’imparare, ed io un estremo bisogno che il nostro rapporto fosse il più sereno ed equilibrato possibile; basato sulla collaborazione e non come spesso succede sull’imposizione di conoscenze non condivise e quindi sterili. Due “colleghi”, insomma, che i casi della vita hanno portato a lavorare insieme, per poco tempo, è vero, ma forse proprio per questo ancora più prezioso. L’aver incontrato questo ragazzo è stata per me una grande opportunità, da lui ho ricevuto molto, è vero, ma ho anche avuto la possibilità di mettere a sua disposizione quel minimo di tecniche e di trucchi del mestiere che gli serviranno nel suo lavoro. Spesso ripetevo, cercando di non darlo troppo a vedere, lavori già fatti proprio per fare pratica e dopo l’orario di lavoro… un po’ di teoria. Sono “quasi” certo che tutto quello che abbiamo fatto insieme, lui saprà farlo da solo. Ho allestito per lui una cassetta degli attrezzi e comprato un manuale d’idraulica. Altri ne manderò e grazie ad internet gli ho già inviato uno schema elettrico e le spiegazioni relative; vorrei proprio continuare a seguirlo. Ora credo dipenda da lui dimostrare che a Tabagne per certi “lavoretti” non c’è più bisogno che qualcuno parta appositamente dall’Italia. Sarebbe la soddisfazione più grande, e in sostanza la mia unica preghiera. Sembra strano, ma a me mancheranno i momenti passati insieme la sera, le passeggiate e le chiacchiere sul più e sul meno più che le speculazioni sulla “differenza di potenziale”. Spero che per lui sia la stessa cosa.
Nel tempo libero,poco in verità, ho fatto proprio quello che in Italia non facciamo quasi più, o a fatica: ho parlato con la gente! Con il guardiano notturno del CAM, con la signora che vende i Bègnè per strada, con gente incontrata per caso, con l’autista, con i militari al posto di blocco di Bondoukou e tanti altri. “sono gentili perché sei bianco” dice qualcuno forse più disincantato di me. “Anche l’Italia è piena di bianchi, ma non mi sembrano tutti così attenti ai rapporti umani” sono solito rispondere. In questo periodo, oltre tutto, gli Ivoriani non mi sembrano molto ben disposti verso i francesi ed è molto facile fare di tutto il bianco un fascio.
Per l’ennesima volta ho capito che il mio “prossimo” è in Africa, se sia un atto di amore o di riconoscenza non so dirlo, so solo che ne ho bisogno.
A volte però, ho capito che la gente era meravigliata che io dessi loro confidenza, in alcuni casi mi è stato detto apertamente. Lo stupore è tutto mio e non capisco dove sta l’equivoco, come ci si deve rapportare con il prossimo se non dando confiance?
Ho apprezzato per l’ennesima volta cosa significa guardare negli occhi il prossimo dando importanza ai gesti apparentemente meno significativi. Ho assaporato i silenzi, i saluti, gli incontri imprevisti. Mi resterà solo un rammarico: il colore della mia pelle, l’impossibilità di vivere almeno un giorno senza le sovrastrutture che il “bianco” impone.

Dopo anni d’instabilità politica, mi aspettavo una Costa d’Avorio in condizioni ben peggiori. Almeno i luoghi che conosco, invece, mi sembrano migliorati rispetto a sei anni fa. Dopo le prime impressioni positive, è stato doveroso chiedermi se i miei giudizi fossero condizionati dall’esperienza in Congo dove la barbarie dell’uomo, più che l’imponderabilità della natura, ha privato intere comunità delle cose essenziali. Ma è innegabile: sei anni fa non c’era questo fervore edile che si vede ovunque, le strade e le piste sono in buono stato, I negozi di Abidjan sono pieni di ogni ben di Dio, e i campi sono tutti coltivati. Bondoukou mi sembra una cittadina “sonnacchiosa” e quasi ordinata…e mi viene voglia di essere ottimista. Certo, è molto forte il contrasto tra una capitale che, almeno sotto certi aspetti, non ha nulla da invidiare a tante città europee e i villaggi più isolati come Tabagne. Sembrano due realtà lontane anni luce, e invece sono a meno di mezza giornata d’auto. E capisco ancora una volta il motivo del mio ottimismo: non provo come altrove la sensazione d’impotenza, il disagio di sapere le risorse e i mezzi inaccessibili e l’obbligo di dover contare solo ed esclusivamente sul poco o nulla a disposizione. Sicuramente è aumentato il divario tra ricchi e poveri, ma ci sono ancora i presupposti per migliorare la situazione. Qui la salute e l’istruzione, ad esempio, potrebbero non essere un problema di risorse, ma di organizzazione, di scelte politiche e soprattutto morali. Ad Abidjan avevo bisogno di dizionari da portare a Tabagne e non solo ho trovato i migliori, ma, addirittura in un supermercato, ho acquistato i manuali d’idraulica e falegnameria che cercavo da tempo, li spedirò in Congo alla prima occasione.
Cosa mi resta di quest’esperienza? La certezza che spesso non è d’aiuto che ha bisogno l’Africa, ma di collaborazione e di condivisione vera.

Enrico

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