giovedì, maggio 04, 2006

 

Thomas Sankara "la rivoluzione Burkinabè"


Figura stoppo spesso sottovalutata, è stata secondo alcuni e soprattutto secondo me, una delle speranze più grandi dell'Africa. Nei quattro anni in cui è stato al potere ha dimostrato con i fatti che un cambiamento era possibile.
Ma come tutti i grandi del continente era troppo scomodo ed ha fatto la solita fine: assassinato dal suo migliore amico e compagno. La sua memoria però vive ancora.
Segue una breve scheda tratta dalla quarta di copertiina di un libro speciale di una piccola casa editrice italiana che prende il suo nome www.sankara.it
Il 4 agosto 1983 dei giovani ufficiali si impadronirono del potere in Alto Volta proclamando la Rivoluzione e nominando Presidente Thomas Sankara. L'anno successivo il paese prese il nome di Burkina Faso, Paese degli Uomini Integri.
Si capì ben presto che lo stile di Sankara era nuovo, diverso, tanto da suscitare per le sue caratteristiche di integrità, provocazione, imprevedibilità, trasparenza, onestà, calore, sentimenti di amore e di odio, odio così profondo da portare alla sua uccisione il 15 ottobre 1987.
Ma il suo pensiero resta nel popolo africano ancora molto forte. Lui con le sue campagne in favore del disarmo, dell'eliminazione del debito nei paesi del sud del mondo, della riforestazione, lui che si batteva in favore delle donne per superare quella tradizione che le vedeva sottomesse agli uomini, lui che aveva abolito i privilegi a se stesso ed al suo staff presidenziale perché non poteva pensare ad un presidente ricco in un paese dalle scarse risorse, lui che faceva visite improvvise nei ministeri e negli uffici della Presidenza per controllare il funzionamento degli ingranaggi dello stato e per verificare la pulizia dei bagni! Lui con la sua Renault 5, quando la sua carica gli consentiva di ottenere ben altro, lui che si batteva per l'uso dei costumi locali come aveva fatto Gandhi in India, lui che ha creato un ufficio per le relazioni con le Organizzazioni Non Governative, lui che aveva costituito degli orti accanto ai ministeri perché riteneva che i funzionari che non sapevano coltivare non potevano neanche capire le necessità del popolo dedito all'agricol­tura. Forse proprio per tutto questo venne assassinato, anche se sul certificato di morte si parla di "morte naturale".

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